Quando si ha a che fare con la politica, sebbene sia un ambito sociale e lavorativo molto stimolante, ci si trova a dover gestire diversi fronti, spesso all’improvviso e inaspettatamente. Ed ecco che una giornata che sarebbe dovuta trascorrere agevolmente diventa un inferno di impegni, telefonate, situazioni da gestire, tensioni da sciogliere.
Capita spesso, e in questo aiuta essere i re dei cambiamenti di programma. Ti vesti, corri, incontri persone, sorridi tuo malgrado, ti arrabbi, cerchi di gestire la tua, di tensione. Tutto finalizzato a risolvere problemi altrui, molto spesso dovuti all’incomprensione o alla cocciutaggine degli attori in scena.
Sono quelle giornate che diventano lunghissime, o che magari lunghissime lo erano già perché programmate in quel modo. Poco cambia. Arrivi a sera consapevole che ce l’hai fatta, che hai dato il tuo meglio, che finalmente ti puoi rilassare da solo, con gli amici o come ti pare, e con la speranza che andrai a dormire il sonno dei giusti, stanco e spossato.
Poi succede che ti crogioli nell’idea che sì, domani è una giornata facile, che non ci sono cose da fare o da gestire con urgenza, e quindi tiri tardi, leggi un libro, ascolti musica, scrivi cose qua sopra. E poi domani arriva l’imprevisto: ti chiamano alle sette di mattina (ma capita che possa esserci un cavallo che lo fa di sua iniziativa senza un vero motivo), ti vesti, corri, incontri persone… di nuovo e di nuovo.
Però poi, di nuovo, arrivi a sera con le tue certezze, sapendo che la tua forza non è solo la tua forza, e che solo non sei mai. Sempre pronti per andare avanti e affrontare quello che l’universo ci mette di fronte. Perché lo sai, alla fine, che hai ragione tu e che sei nel giusto, e che l’universo muto.
Soltanto un giorno in meno, o un giorno in più, dipende da dove ti metti a guardare. Ma non è importante. Il tempo è così relativo, quello che conta è quello che si fa, non quando. E come lo si fa. E con chi lo si fa. Tutto molto, molto semplice.