Lo so, ho uno scassone, non una macchina. In realtà non è vero, perché io, la Fiesta di Giovanni, l’ho sempre tenuta in forma, l’ho sempre portata regolarmente ai controlli, ai tagliandi, alle revisioni. Ho cambiato le gomme, la cinghia di trasmissione e non so che cosa d’altro, ma lo sa il meccanico. Alla fine la Fiesta non ha tanti chilometri, per la sua età: 15 anni, 150mila chilometri. Ma è vecchia. Ed è uno scassone.
Considerato che, tutta intera, non vale la cifra che mi è stata richiesta per farla camminare di nuovo, ho deciso che le do un’ultima opportunità. Del resto glielo devo. Sebbene sia stata l’auto più pagata della storia, perché Giovanni si era fatto raggirare da un finanziamento che sembrava a rata bassa ma alla fine la macchina costava il doppio del prezzo di listino, e sebbene Giovanni abbia avuto la brillante idea di passare a miglior vita lasciando a me il debito, diciamo che dal 2007 ad oggi la Fiesta ha fatto il suo.
Non del tutto, però.
Glielo devo, a Giovanni. Lui, facendo finta di credere alle scemenze che gli ho raccontato, nel 1990 mi ha portato in quello che lui ha definito, giusto per darsi un tono con mia madre, “il paesino di merda”. Non so se lo pensasse davvero. Di certo non si aspettava di finire in un posto turistico e con attrattive, sapeva bene perché stavamo andando là. E poi ha avuto “la migliore cena da quando sono in questo Paese” (oggi former state, come dicono quelle brave).
Quindi, quando andrò in smartworking nel mese di luglio, ci andrò con la macchina di Giovanni. Sarà il suo ultimo viaggio, ma il più importante di tutti. Perché occorre rimettere a posto un po’ di cose, chiudere un po’ di cerchi. Me lo porto con me, Giovanni, a guardare le tette delle ragazzine in topless, a ordinare scampi, a vedergli gli occhi brillare perché si sente un signore dopo una vita di fatiche e di stenti. Peccato che non possa esserci, fra una ventina di giorni, a vedere cosa è successo nel frattempo. Andremo noi a trovarlo, e magari chissà, uno di noi (non io) sarà sicuro che lui potrà vederci e quindi riposare in pace.
Alla fine non conta la pace di chi è morto, ma quella di chi è rimasto qua, coi fantasmi di chi è morto. Sperando che, chiudendo un po’ di cerchi, alla notte si possa dormire tranquilli, senza nessuno che venga a tirarti i piedi.
Andiamo dunque, mettiamo il carissimo gasolio nella Fiesta, e facciamole fare questi due o tremila chilometri. In attesa del 2023 (23, buciodeculo), quando pure il suo percorso, lungo il cerchio, sarà stato completato.