Quella necessità di esplorare che ci portiamo dentro dalle origini dell’umanità continua a sorprendermi. In un mondo in cui tutto è stato già scoperto, riusciamo a far finta che non lo sia e ci accingiamo ad esplorare i luoghi, in barba ai libri, ai manuali, alle guide.
Ho deciso dunque di non utilizzare i moderni strumenti tecnologici quali geolocalizzazione, navigatori, mappe elettroniche. La mia esplorazione del luogo in cui mi trovo in smart working sarà del tutto analogica. Guardo il sole, mi oriento con il muschio, e ovviamente guardandomi intorno.
Ho dunque cominciato a camminare, a cerchi concentrici rispetto a dove sono di base. Piano piano, così è lungo il giro da fare rispetto a sapere dove andare. Però, come diceva Giovanni quando mi introdusse alla guida dell’auto a Roma, creati i tuoi punti di riferimento. Devi sempre sapere dove arrivare, in linea di massima, se non ti trovi più. E allora la Piramide Cestia, il ponte della tangenziale sulla Nomentana, l’incrocio di Via delle Quattro Fontane con Via del Quirinale, il Foro Italico, il supermercato a Tor Bella Monaca e tanti altri.
Qua si parte da quello che si conosce. Il campo da basket, la casa del mio terzo fratello, il supermercato piccolo, quello medio, il lungomare, le bancarelle di zozzerie che la spia voleva comprare.
E il castello.
Il castello è un luogo dell’anima. Lo è stato ben prima di andarci. Era così chiaro, così palese che qualcosa di grandioso sarebbe accaduto là. Così oggi, girando, ho visto un segnale turistico che indicava il castello.
L’ho seguito, sono arrivato là, stavolta di giorno, e tutto era molto più piccolo, molto più normale. Ma soltanto perché c’erano i turisti dappertutto a visitarlo, e perché alla luce del giorno le cose riprendono la loro forma e la loro prospettiva.
Però c’era il mare. Quel mare che di notte lo puoi solo sentire, annusare, ma non vedere. Perché il mare, di notte, è nero. Ma di giorno no, è uno spettacolo, e le rocce rosse alla luce del tramonto, e i bambini che arrivano all’ultima roccia saltandoci sopra. Insomma, uno spettacolo, un luogo caro ma visto fuori dalla conchiglia.
Perché è importante, sempre, avere una visione completa di chi siamo, di dove siamo, di cosa vogliamo e di cosa facciamo per ottenerlo.
E io ora sono in attesa di tornare là, magari all’alba. Ma non prima di due settimane.