Sorprende vedere come, ancora di questi tempi, ci sia chi va raccogliendo vuoti di plastica, probabilmente per portarli in qualche centro di raccolta in cambio di pochi spicci. Viene da chiedersi, dunque, se nella società di oggi valga davvero la pena spendere tanto tempo per raccogliere, mettere insieme, caricare su una bicicletta, andare sotto il sole caldo fino al punto di raccolta, rendere un servizio al pianeta.
Perché poi alla fine di questo si tratta: se lo facessimo tutti (e non per i pochi spicci) vivremmo in un posto migliore.
Ma come facciamo ad insegnare questi valori ai nostri figli se poi siamo i primi che, appena si buca un calzino, ne compriamo un nuovo paio, perché alla fine ci costa di meno in termini di tempo e denaro? Non facciamo lo stesso pure coi dispositivi elettronici? Una volta si rompeva il televisore e lo si portava a riparare. Un televisore durava vent’anni. Comprare un televisore nuovo era un lusso. Oggi non più.
Mi si è rotto l’attacco del Kindle. Lo porto a riparare, mi chiedono 30 euro per aprirlo, più i soldi dell’eventuale riparazione. E se non possono ripararlo sono comunque 30 euro per aprirlo. 30 euro. Un Kindle nuovo, comprato nei giorni giusti, costa 60. E il mio ha 9 anni. Quindi? Subito uno nuovo, del resto un corriere verrà a portarlo a casa domattina, ben prima che il riparatore abbia avuto il tempo di aprire il mio.
E poi vogliamo insegnare ai nostri figli a caricare la bicicletta di plastica. Forse lo faremo noi, più avanti. Forse, quando avremo il tempo e la dedizione e la motivazione (i pochi spicci) che ha quest’uomo in foto.