Sono quelle sere strane, in cui sei stanco, in cui torni da una cena infinita dove ti hanno fatto mangiare dopo le dieci. Quelle serate in cui scopri che un tuo compare sta andando ad Amsterdam di nascosto. E quando gli dici “ok, ma qual è la storia da raccontare?”, ti risponde, beh, io sto con voi due giorni. Va bene, ma quando ce lo dici?
E allora ti ricordi di quando tu hai fatto le cose di nascosto. Di quando, senza dire niente a nessuno, hai preso un autobus fino alla capitale, con le ombre della guerra che oscuravano la via, completamente incosciente ma con la consapevolezza che era la cosa giusta da fare.
Facile da dire, oggi, con la pioggia fuori e una camomilla calda tra le mani. Ripensandoci bene, come biasimare i tuoi genitori, come biasimare chi ti voleva bene e ti aveva pregato di non fare cazzate. Eppure andava fatto, perché era l’unica cosa giusta da fare, un grido silenzioso verso quello che avrebbe dovuto essere un futuro poi negato da tante cose: gli eventi, l’immaturità, il semplice essere giovani e non avere una visione proiettata avanti.
Perché quando sei giovane, per assurdo, non pensi a quello che sarà della tua vita, e nemmeno pensi a costruire le basi per quello che tu voglia che sia. Arranchi, con difficoltà, per affermare chi sei, per imparare a riconoscerti, per capire dove stai andando e perché. Forse sarebbe bastata un po’ più di autocoscienza, di determinazione e di visione dell’obiettivo. Sarebbe bastato riconoscere quello che conta, veramente. E il rammarico è che il tuo istinto te lo aveva detto, ti aveva fatto fare quel viaggio di nascosto, ti aveva dato una possibilità.
Cosa dire al mio compare… Egli deve fare quello che sente, ma deve coprirsi bene. Mai deve seguire un istinto fisico e abbandonare quello che per lui conta veramente. Ma mai deve trattenersi da fare una cosa all’apparenza folle se il suo istinto gli dice che è cosa giusta.
Per questo non potrei mai sopportare di avere un figlio o una figlia che si comporta come me. Di certo lo capirei, ma tenderei a spingerlo da una parte o dall’altra secondo il mio metro di giudizio, quello di un cinquantenne che, sebbene abbia avuto le proprie esperienze in tal senso, oggi non ha idea di quello che sia il sentire di una persona così cara.
Mi tengo le mie figlie in prestito, due o tre che siano, così che possa giocare a fare lo zio burbero, retrogrado e patriarcale. Ma, figlie mie, fate quello che vi sentite, e cercate di non fare male a chi volete bene.