I giorni che corrono, oltre alla pandemia, ci lasciano la testimonianza di una protesta sociale molto forte, che parte dagli Stati Uniti, e che il mondo dello sport sta coraggiosamente sostenendo.
Il razzismo è merda, e i razzisti sono altrettanto merda. Ma di quella che puzza, e tanto.
Noi Italiani siamo sempre passati per essere un popolo accogliente, un popolo di migranti, un popolo che del razzismo non sa che farsene. Poi però arriva Internet, e con esso i social network e gli smartphone. E il re, che è nudo, si palesa in tutto il suo schifo.
Noi Italiani siamo un popolo di ignoranti, di egoisti, pupette spaventate dall’Uomo Nero. Siamo capaci di lasciarci circuire e abbindolare dal primo parolaio che parla alla nostra pancia e alle nostre paure. E il problema non è il parolaio, né che lo ascoltiamo. La radice del problema è: perché abbiamo paura? Cosa abbiamo paura di perdere? Perché ci sentiamo invasi e privati di chissà cosa? Questa è la pancia, questo è il problema.
Istruire le persone non serve, quando un sistema non garantisce un’istruzione consapevole, ma soltanto una serie di nozioni da memorizzare per superare quel dannato test. E poi chi se ne frega, andiamo di calcio, dalla mattina alla sera, parliamo di tutto e di niente, siamo tutti laureati in tutte le materie, contemporanei Pico De Paperis che ostentano competenze che non esistono.
Ci rendiamo ridicoli, non abbiamo più il senso di comunità, ma parliamo di Patria. Non andiamo più in chiesa ma guai a chi tocca i crocifissi nelle aule scolastiche. Ci sposiamo soltanto per fare festa, poi divorziamo per sposarci di nuovo e fare festa un’altra volta.
Facciamo schifo, siamo merda. Quella stessa merda razzista per la quale ci indignamo di orrore, salvo far seguire questi assunti da un pericolosissimo “ma…”
L’introduzione di un’avversativa nega il concetto della principale, o comunque lo riduce a mera ipotesi. Ecco, noi siamo il Paese del “ma…”, il Paese del “benaltrismo”, il paese dove i diritti di ciascuno non finiscono dove cominciano quelli degli altri, ma dove non finiscono mai.
Frigniamo per una mascherina che ci priva della libertà, quando la schiavitù non sappiamo nemmeno che cosa sia.
Non rimane che prepararsi ad un’altra stagione, facendo la preparazione atletica, confidando che almeno gli Dei del Basket illuminino chi il Basket lo pratica, e che costoro possano muovere la sensibilità e l’umanità dei popoli.
Vado ad allenarmi, ce n’è tanto tanto bisogno.