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Il Male di Vivere

Troppe volte, troppe persone decidono di non sopportare più il male di vivere. Oggi i giornali ci raccontano, con rispetto, fortunatamente, che anche Julia Ituma, pallavolista italiana, si è tolta la vita, a Istanbul. Apparentemente senza un motivo. Motivo che non va ricercato, mai, ma che si riconduce al male di vivere, per tante ragioni. Montale lo descriveva in un modo molto semplice, eppure significativo. Lo riportiamo qua per le zappe italiane che non lo sanno e per i nipoti all’estero che giustamente non conoscono i vati italici.

Spesso il male di vivere ho incontrato
era il rivo strozzato che gorgoglia
era l’incartocciarsi della foglia
riarsa, era il cavallo stramazzato.

Bene non seppi, fuori del prodigio
che schiude la divina Indifferenza:
era la statua nella sonnolenza
del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato.

Che poi, finché non ti tocca di persona, è un semplice esercizio accademico, per il quale non c’è nemmeno il bisogno di prendere parte, o di giudicare. O forse di giudicare in maniera molto semplicistica e superficiale.

Beh, quando poi un amico, anche se non un amico nel vero senso della parola, ma comunque una persona a cui sei legato, la cui moglie è davvero un’amica, decide di non sopportare più il male di vivere e lo fa in un modo eclatante, finendo sui giornali nazionali, lasciandoti basito e con l’urgenza di star vicino alla persona a lui più cara, beh, diventa tutto molto più reale, molto più difficile da gestire e molto più devastante.

Allora, domani sera c’è Boston vs. Atlanta in diretta. Però c’è un sommesso grido di aiuto dall’altra parte. Quindi andiamo a mangiare la ciccia, una bella bistecca sbraciata, possibilmente di carne vecchia almeno di un mese, e un buon vino rosso per accompagnare.

E tanta, tanta voglia di normalità, tanta voglia di riprendere una vita che è stata, nostro malgrado, interrotta, nello stesso posto in cui pure l’ultima volta c’era pure lui, con i primi sintomi di devastazione e male dentro che non abbiamo saputo cogliere.

Forse ce la facciamo, forse no, vediamo che succede. Ma per Fra questo ed altro, perché Bruno, alla fine, era uno di noi, con le sue debolezze e i suoi disagi, anche se, come noi, non era uso mostrarli.

Tempo per un saluto vero, Senatore mio. Ad majora.

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