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Ćevapčići

Ci è voluto un po’ di tempo, prima che mi decidessi a trovare un posto di basso livello dove mangiare i ćevapčići. E che dire, l’esperienza è stata memorabile. Ma ci sono alcune cose che vanno rilevate.

Innanzitutto sono stati serviti in quel pane abbrustolito, morbido, esattamente nello stesso modo in cui li ho mangiati la prima volta oramai oltre trent’anni fa, su una spiaggia, grigliati da un ragazzetto su una fornacella a carbone. Poi c’era l’ajvar, c’era la cipolla bianca dolce, mancavano i pomodori e i peperoni bianchi. E le patate fritte erano di quelle congelate di scarsissima qualità, ma abbiamo detto che siamo andati apposta in un postaccio, no?

La signorina, carina, mi chiede cosa voglio bere, e ordino una bella Ožujsko alla spina. Lo so, fa schifo. Ma a me piace perché la bevevo ben prima che comparisse la scacchiera nel logo. E alla fine è una lager che fa il suo bravo dovere, soprattutto d’estate. Poi mi chiede se voglio la porzione grande o piccola. Che domande. Dico io, che domande.

Si presenta dunque con dieci pezzi di carne in un pane enorme. Ci saranno stati 350 grammi di carne. Ok. Ce la posso fare. Alla fine che sarà mai?

Beh, con grande fatica e grande caldo porto a compimento l’impresa, e subito dopo penso che non mangerò mai più. Mai più. Non ho più il fisico per reggere certe porzioni, né lo stomaco per digerirle. Ma sono felice. Alla fine è una cosa che era tanto attesa, e mai mangiare i ćevapčići se sei in compagnia di una donna. Non rimane che approfittare del vantaggio.

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