Un altro Natale lontano da casa. Eppure speravo che stavolta potesse succedere, anche davvero. E no, e c’è il Covid che ha una sua bella recrudescenza con la variante Omicron, e se pure hai la terza dose di vaccino rischi di beccartelo e farti una quarantena chissà dove, peraltro ammalato. Oppure devi pagare fior di denari per fare tamponi all’uscita e all’ingresso della frontiera.
E poi dobbiamo aspettare, perché aspettare ci rende più forti, anche se alimenta un’aspettativa. Se poi l’aspettativa cresce troppo, ecco che si cade in un buco. Profondo, nero, da cui si fa tanta fatica a venire fuori. Meglio di no. Meglio imparare ad aspettare, anche perché, nel frattempo, ci sono le sorprese. Quelle che a qualcuno non piacciono, ma poi alla fine sì, piacciono.
Ogni cosa a suo tempo. Appuntamenti importanti, esami, sessioni fotografiche in città deserte, Natale a casa. Intanto cerchiamo di viverlo con gli occhi di chi c’è, di chi, probabilmente, non sente di essere così fortunato. O meglio, sa di esserlo, ma non di esserlo così tanto.
Non fatemi mancare i racconti, gli episodi, gli aneddoti, le risate, il menù, l’apertura dei regali. Non fatemi sentire lontano. Per molti è tutto così scontato, ma vi voglio vedere quando avrete perso ogni spirito positivo verso questa festa, e cercherete di superare la tristezza, la malinconia, il disagio rifugiandovi nella solitudine.
Soli si sta bene, molto bene, e finora è il modo migliore che ho trovato per superare tutto questo, anche agevolmente. Anche se da qualche anno sono rimasto da solo, a gestirlo. Poi però arriva Capodanno, e allora sì che non c’è altro da fare che andare a dormire prima di mezzanotte. Perché il Capodanno non porta malinconia, ma soltanto schifo.