Da qualche tempo seguo, su Instagram, il profilo di un tizio che si fa chiamare Balkandad. Lo seguo perché lui parla in inglese, con forte accento dei Balcani, e racconta dal suo punto di vista la cultura e il modo di vivere, anche con un po’ di satira, dei popoli dell’Est. Qualche giorno fa ha intervistato sua mamma per spiegare come si fa il coscio di abbacchio a modo loro.
Il venerdì santo non si dovrebbe mangiare carne, eppure io ho cucinato il coscio di abbacchio. Forse avrei cucinato altro, se avessi saputo cosa cucinare. Da un po’, però, mancano le indicazioni. Quelle piccole, silenziose, che ti dicono “fai così”. Quindi andrò all’inferno, come tutti noi. Si sa, in paradiso non ci va nessuno, e quindi ci ritroveremo tutti là, tra le sacre fiamme degli inferi.
Oggi poi è una giornata particolare. Come undici anni fa, è venerdì santo il 18 aprile. E undici anni fa è cominciata una bella corsa, che poi si è interrotta per stanchezza. Sì, ancora ci penso e ancora, a volte, mi toglie il sonno. Però non si rimpiange nulla, è stata una bella cosa, e ha fatto di me quello che sono ora, anche se quello che sono ora, e come ho vissuto quell’esperienza, nasce da quello che sono sempre stato. Cosa c’è in me che non va?
Sarebbe stato bello, in ogni caso, poter sovrascrivere questo venerdì santo con qualcosa che mi avrebbe fatto stare bene. Magari cucinare qualcosa di diverso dal coscio di abbacchio, magari cucinare qualcosa di condiviso. Ma sappiamo che per un po’ dovrò fare da solo. Fortunatamente sono bravo, a fare da solo. Merito di mamma, che mi ha insegnato a essere indipendente. Ma anche colpa di mamma, che mi ha insegnato, suo malgrado, a essere anaffettivo.
Intanto il coscio di pollo condito e cotto in Balkan style era eccellente. Anche se sarebbe stato più interessante andare ad assaggiare qualcosa proprio là. Magari qualcosa di mai provato prima. E con la consapevolezza che il concetto di famiglia, che insisto a dire essere un residuato degli anni ’60, ha ancora un senso in qualche parte dell’Est europeo, e che maledettamente mi attrae, perché ho visto con i miei occhi cosa significhi essere famiglia, oltre confine.
Oggi è il 18 aprile. Oggi andiamo a chiudere un cerchio. E cominciamo a tracciarne uno nuovo, che, per sua natura, finirà per riportarmi esattamente qui. Ovvero a sperare di cominciare a percorrere una nuova circonferenza.