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Il Grillo Luka

La scorsa estate, intorno a casa mia, c’era il grillo Luka. Ogni sera cominciava a cantare, senza sosta, e lo faceva per tutta la notte.

Al grillo Luka non interessava andarsene in giro, lui stava qua, cantando il suo amore, tutte le notti, ininterrottamente. Sapeva che da queste parti c’era un’anima in subbuglio, e siccome le cose simili si attraggono, rimaneva insistente a cantare.

Lo ha fatto ad agosto, poi a settembre. A ottobre, quando avrebbe dovuto smettere, il grillo Luka era sempre là, a descrivere i tormenti di un sentimento difficile da capire ma tanto bello da rendere il tormento stesso quasi una benedizione.

A novembre ancora non smetteva. Sono arrivate le piogge, il freddo, e io mi dicevo ok, domani andrà via. Ma l’indomani il grillo Luka cantava ancora. Lui sapeva bene cosa cantare, e non aveva alcuna intenzione di smettere.

Poi un giorno di dicembre, come gli orsi, ha pensato di andarsene in letargo, fino alla primavera successiva.

Al grillo Luka non importava un accidente del lockdown, della pandemia e delle restrizioni, anzi, quel mondo libero dagli esseri umani era per lui una ragione di riconquista della sua natura. Il grillo Luka non ha confini, non ha obblighi. Lui sa perché canta.

Ora il grillo Luka è con i suoi amici, vicino a un parcheggio, dove ci sono un sacco di grilli come lui, e là ha trovato il grillo Lea, che ha dato un senso al suo canto.

Non importa quanto sia lungo il percorso, o dove ci porti. L’importante è continuare a cantare il nostro amore, e alla fine il percorso si compie, aprendo la via ad un momento nuovo, più bello, più completo, in cui si sa perché si canta.

Lea e Luka ora cantano insieme, vicino a un parcheggio, e camminano fianco a fianco, finché dormiranno, stavolta insieme, in inverno.

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