Basta poco, a volte. Uno strumento musicale, un ricordo che ti riconnette a quello che eri. E bum, ti trovi in uno stato di eccitazione intellettuale che non ti lascia dormire, non ti lascia pensare, e rimane soltanto aspettare che il fuoco si estingua.
Vogliamo davvero, però, che tutto passi? Vogliamo davvero tornare a quello che siamo, perdendo la connessione con il nostro essere? No, non vogliamo, davvero.
Allora dobbiamo essere bravi a convogliare questa energia non in un mero e sterile ricordo, ma a trarne quanto di buono, oggi, riusciamo a discernere. Il passato, spesso, è scomodo. Ma lo è perché non ci rendiamo conto di come eravamo noi. L’errore che facciamo è portare noi stessi, oggi, con la nostra esperienza, a quello che eravamo allora. E giudicare quindi quello che avremmo fatto o non avremmo fatto, ma con la testa di oggi, con trent’anni di esperienza in più.
Bello dire voglio tornare a vent’anni. Certo, con la testa di un cinquantenne. Davvero vogliamo tornare a vent’anni con la nostra testa di ventenni? Fare altri errori, non capire quello che ci sta succedendo, portare altra tensione al nostro futuro essere? No, non vogliamo, davvero.
Quello che è da fare, senza dubbio, è capire perché abbiamo agito in una certa maniera, quali erano i nostri limiti di comprensione e di giudizio, e solo allora riusciremo a riconnetterci con noi stessi. La riconnessione è importante, ci lascia capire chi siamo, perché siamo così, quali esperienze ci hanno trasformato e portato ad essere quelli che siamo oggi.
La riconnessione è importante perché ci consente di venire a patto con le nostre esperienze, che siano state errori, azioni da rimpiangere o che portano rimorso. Basta vedere chiaramente chi eravamo e che strumenti di comprensione avevamo. Se non facciamo questo esercizio saremo portati a maledirci per scelte sbagliate.
Le scelte non sono mai sbagliate, invece. Sono frutto di quello che siamo nel momento in cui scegliamo, non una cosa da giudicare con il senno di poi. Le scelte fatte ci hanno portato ad essere le persone che ora, oggi, possono valutare quelle scelte. Mai cadere nell’errore della trasposizione di noi stessi oggi nei noi stessi di allora.
Riconnettersi. Questa è la strada. Dare continuità a un percorso. Vedere quando e perché si è interrotta quella continuità, vedere quando e perché abbiamo deciso di mettere un muro tra i noi stessi di oggi e quelli di allora.
Senza rimpianti, senza paura. No, la paura proprio no, perché la paura di noi stessi è qualcosa di innaturale, di aberrante. Il rifiuto di noi stessi è la negazione dell’essere.
Quando ti accendi, quando sei on fire, riesci a raggiungere una consapevolezza superiore. Beh, la musica aiuta, se sei un musicista, e il bourbon aiuta ancora di più.
Ma questo non è possibile, comunque, senza un motore altro. Dobbiamo solo avere il coraggio di cercarlo, o avere la fortuna che ci trovi lui. E poi sarà tutto molto, molto, molto, molto chiaro.
Hajde bok, sada.