Avevo tredici o quattordici anni, quando ho guidato per la prima volta. Zio Maurizio ne aveva sedici più di me, come li ha avuti per tutta la vita. E aveva una Volvo 760 marrone, che aveva preso dopo aver avuto la Volvo 244. A trent’anni. Tempi boomer, se pensiamo che io ho comprato la mia prima macchina sei mesi fa. Mio padre sosteneva che la 760 fosse una macchina enorme, seppur maneggevole, avendo uno sterzata molto ampia. Giravamo infatti senza fare manovra per la discesa che ci portava a casa, in montagna. Invece con la Fiat 132 di papà bisognava sterzare e dare di retromarcia.
Zio Maurizio, non pago di avermi insegnato a sciare, aveva deciso che era tempo che io guidassi. Figuriamoci, un ragazzetto di città come me non avrebbe mai potuto fare quel tipo di esperienza, che invece era comune per i ragazzetti della pianura Pontina. Ma io ero un intruso, e ho beneficiato per tutta la mia infanzia di essere un membro aggiunto della tribù dei Cherokee (perché di questo si trattava, una tribù, e il nome ne è testimonianza).
Strada di montagna, estate, presso i campi da sci. “Ora ti insegno a guidare”. Mi fa salire sul 760, 485 cm di lunghezza, roba che il mio gippone attuale (che è enorme) non arriva a 440, e mi spiega. Questa è la frizione, questo è il cambio, qua si mette la prima. Premi la frizione, innesta la marcia, lascia la frizione delicatamente e intanto accelera poco. Ok, si parte, fantastico, stavo guidando l’enorme macchina di zio Maurizio. Ora metti la seconda, premi la frizione e fai così col cambio. Ora metti la terza. Di colpo andavo a 80km l’ora per quella strada, che, c’è da dire a discolpa di zio Maurizio, era dritta, larga e lunga.
Ovviamente è stato fantastico, e ovviamente non abbiamo avuto modo di ripetere la cosa, e io ho guidato di nuovo con mio padre quando avevo 17 anni. Però mi ricordavo bene, e l’infame di mio padre mi ha fatto scuola guida col la Fiat Croma (che pure era bella grossa, anche se “solo” 450cm).
Poi arriva l’universo, che per bocca di chi è te stesso ti dice che la Volvo è la macchina che dovresti comprare. E tutto torna, come sempre. Quella linea tracciata, quel filo rosso e argento che ti tiene sulla strada giusta da una vita.
Imparare a guidare poi è come imparare a innamorarsi. Lo fai la prima volta da adolescente, e poi ti sorprendi, intorno ai 42 anni, a farlo di nuovo. E poi ancora quando di anni ne hai quasi cinquanta. Ogni volta ti sembra di ricominciare daccapo, eppure dietro c’è l’esperienza, il sapere di aver già fatto quella cosa e di saperla fare. Nonostante tutto c’è ancora l’ingenuità dell’adolescente, che pensa che l’amore sia eterno, sacro, immutabile. Finché non vai a sbattere. E per fortuna si sbatte con l’amore, e non con la macchina di zio Maurizio.