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La solitudine della notte

Penso che me ne andrò a dormire. E per accompagnarmi mi metto su le registrazioni Decca di Count Basie. Del resto quei dischi sono come il comfort food: quando hai bisogno di ricordarti chi sei e da dove vieni, è importante avere dei punti fermi. Perché poi succede che, di notte, hai bisogno di conforto, a volte. Lo puoi trovare nello whisky scadente di cui abbiamo parlato altrove, oppure in altre cose che sono incrollabili, per esempio Topolino (che è parecchio che manco), la NBA (che non è più quella di una volta, ormai è la gara del tiro da tre) o la fantascienza, che però leggere in condizioni di stanchezza e a notte tarda ti ruba la vita.

Però c’è lui, il Conte. Che è una cosa che viene da tempi più recenti dell’adolescenza. Ma che comunque è un caposaldo a cui aggrapparsi quando la notte si fa solitaria. Mancano da mesi quei messaggi che prima erano immancabili. Mancano quei nerd che nel frattempo sono cresciuti e non ci sono più a sollevare la solitudine delle ore piccole. Ti rendi conto che, superati i cinquant’anni, ti trovi a sperimentare una specie di euforia se qualcuno che non conosci ti scrive sui social perché trova il tuo profilo interessante. O forse è soltanto un tentativo di prenderti i tuoi dati personali per rubarti qualcosa, ma tu non ci credi perché le notti sono solitarie, cupe, fredde e malinconiche.

Di notte, a una certa ora, ti trovi a dover scrivere. Eppure vorresti andare a dormire, ma sai che sarà difficile. E allora dai a organizzare un’uscita in montagna, ma i tuoi sodali da un pezzo sono andati a dormire. Vorresti uscire, vorresti prendere la macchina per fare un giro, ma non hai dove andare. E allora stai qua, una sigaretta (si fa presto a dire che le IQOS sono sigarette) dopo l’altra, un po’ dello whisky di Zio Massimo che sono due anni o più che quella bottiglia non vuole saperne di finire, il sonno, la fatica di vivere, la gioia di superare la fatica, ma domani mattina, non ora.

Ora viene Natale, e ci sono buchi grossi come le voragini sull’asfalto che si pigliano le macchine (ce n’è una giusto stasera a Via Marcantonio Colonna). Quello che dovrebbe essere un punto di forza diventa un momento di rabbia. Quello che dovrebbe alleviare l’angoscia e il disagio è confinato nell’erba di settembre. Evidentemente c’è qualcosa da espiare. C’era forse trenta anni fa. O forse non c’è mai stato. Forse l’unica cosa da espiare è la romantica fiducia che il prossimo abbia il nostro stesso sentire.

E qua c’è la mia tastiera, la mia scheda sonora, il mio DAW. Tutto stordentemente spento. Tutto rumorosamente silente. E pure questo fine anno registrerò il disco che, ogni fine anno, devo registrare da trent’anni. Vediamo che succede. Magari domenica me ne vado in montagna, ma i sodali dormono, e non lo saprò fino a domani.

Buonanotte, amore mio. Ti giunga questo augurio di serenità, mentre un’animo straziato deciderà quale sarà la prossima mossa. Anzi, lo ha già deciso. Count Basie.

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