Arrivare in cima alla montagna è affascinante. Là è dove finisce il mondo e comincia l’universo. L’aria è rarefatta, i pensieri viaggiano più veloci, la vista spazia lontano, i colori sono saturi.
In cima alla montagna è più facile sognare. Là è dove si radunano i sogni dimenticati, dove si fanno sostanza e prendono forma, tanto che quasi si possono vedere, e sembra di starci dentro, ancora una volta.
Assomiglia al dormiveglia, la cima della montagna. Quando ti stai per addormentare e riesci a cogliere frammenti di sogni passati, luoghi costruiti per te che solo tu puoi conoscere, luoghi che devi esplorare lasciando andare il pensiero, oppure svaniranno di nuovo non appena ci metti un po’ di consapevolezza.
Poi, spesso, troppo spesso, dimentichiamo tutto. Fino al prossimo dormiveglia, oppure fino alla prossima scalata. Quando arrivi in cima l’ultima cosa che vuoi fare è chiudere gli occhi. Vuoi vedere il panorama, vuoi ubriacarti con l’altitudine, guardare in basso, godere del senso di vertigine e vincere la voglia di volare. Ma se chiudi gli occhi, lasci andare la mente, ti immergi nel silenzio, allora i sogni sono là, ad aspettarti.
Non lasciarti distrarre dalla bellezza struggente del momento. Prendi tutto quello che puoi, osserva tutto quello che riesci a vedere, quello che è là solo per te. Fallo, e se poi è triste dover scendere, fallo con la consapevolezza che su qualche altra cima, su qualche altra montagna, ci sono altri tuoi sogni che ti aspettano. La discesa diventa l’opportunità per salire di nuovo, e tutto si fa più facile. Anche il sangue nei piedi diventa catartico, così come il dolore nei muscoli e nelle ossa.
Tornerai a casa, e nel tuo letto potrai pensare che, da qualche parte a nord est, c’è un acchiappasogni che funziona da remoto, che si porta via quello che è brutto e ti lascia quello che è bello, anche se, per trovarlo, dovrai camminare ancora molto.