Nel nuovo anno, che poi è il 2023, il primo da cinquantenne conclamato, mi viene il dubbio (di nuovo) che le mie azioni o i miei comportamenti possano avere effetti inaspettati su coloro sui quali ricadono. E se prima, quando già questa sensazione si è fatta avanti per la prima volta, riguardava i ragazzini a cui facevo ripetizioni, oggi mi accorgo che potrei influenzare, nel bene o nel male, le vite di uomini fatti e finiti.
Magari finiti no, se ancora si fanno influenzare, ma comunque anagraficamente fatti. Eppure, sebbene io pensi di fare del bene, se io creda di interagire, magari mi devo chiedere se invece non stia interferendo. E che diritto io ne abbia. Basta il fatto che io venga riconosciuto come guida, come punto di riferimento, come mentore? Ma poi, sono davvero all’altezza di essere tutto questo oppure è solo un grasso compiacimento della mia autostima già fin troppo elevata?
Sono domande del cazzo, che arrivano di notte, in un momento complicato per un sacco di gente per diversi motivi. Allora decisi di essere un po’ più neutro nei confronti di quei ragazzini che facevano le ripetizioni, perché io me lo ricordo di quanta influenza ebbero su di me coloro che ancora oggi reputo come fari, guide, modelli. Ma forse è proprio l’incoscienza di essere un modello che ti rende tale. Quando invece c’è la consapevolezza che altri possano rifarsi al tuo modo di essere, di vivere, di interpretare le cose, allora subentra una qualche mistificazione del proprio essere, volta al compiacimento di se stesso.
Ecco, io non lo so più. Forse dovrei piantarla di ergermi a colui che è saggio dall’alto della sua esperienza. Eppure la mia età non mente. Ma non può significare nulla, da sola. Occorre il riconoscimento altrui. E se volete, allora, prendetemi per come sono, e prendete da me quello che di buono riesco a trasmettere. Ma non addossatemi mai la responsabilità della vostra incapacità di discernimento.
Piuttosto, malsopportatemi.