Un filo sottile, leggero, lungo, quasi invisibile. Un filo che unisce due punti, tenendoli uniti. Può assumere la forma di una linea retta, può curvare, può arrotolarsi e addirittura impigliarsi.
Magari diventa un groviglio molto difficile da districare, eppure, con pazienza, si riesce sempre a venirne a capo. Un filo sottile, difficile da maneggiare, tanti nodi, tanti intrecci, tanti punti complicati da sciogliere.
Ma poi, piano piano, il filo si vede meglio. Gli occhi si abituano e le dita diventano veloci, quasi abituate a maneggiarlo. Ci si aiuta con le braccia, con le labbra e con il cuore.
Il filo diventa più spesso, più resistente, più bello. Si riesce a vederne il colore. Rosso di fuori, argento dentro. Il rosso protegge l’argento e lo rende visibile; l’argento riluce quando viene scoperto e valorizza il rosso. Il filo è sempre più forte e tende ad aggrovigliarsi molto di meno.
Prima o poi quel filo diverrà più corto, sempre più corto, finché i suoi estremi si toccheranno e una scarica elettrica darà vita a qualcosa di nuovo, di bello e di ineffabile. Qualcosa di cui soltanto l’Universo conosce l’esistenza. Si tratta soltanto di essere pazienti, finché quell’esplosione di elettroni brillerà, come una stella, di luce propria.