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Sassi e Pietre

Trovo curioso che io venga sfidato a scrivere una cosa sui sassi e il software mi suggerisca questo: “Comincia con la pietra angolare di tutta la storia“. Ora, a vantaggio di chi non parla bene l’italiano, diciamo che sasso e pietra sono quasi sinonimi. Stone, in inglese, kamen in qualche lingua barbara. E no, niente a che vedere con quel fenomeno di Nick Kamen che cantava “Loving you is sweeter than ever”, anche se in qualche modo è curioso pure questo collegamento.

In realtà una differenza tra i sassi e le pietre c’è. Diciamo che le pietre sono grandi, compatte e dure, mentre i sassi sono pezzi più piccoli di pietra. Ma la sostanza è la stessa. Entrambi vengono da tanto lontano, e sono la memoria del mondo. Noi non c’eravamo, i dinosauri non c’erano, ma le pietre, in forma di montagne o di altro, erano già là. E noi non ci saremo più, non noi io e te, ma noi esseri umani, e le pietre continueranno ad esserci.

Magari sotto un fiume che oggi non c’è, oppure fuori da un fiume che c’è stato per millenni. Le pietre hanno visto tante cose, sanno tutto, e tutto rimane indelebile in esse.

Di pietra sono i sassi, di pietra sono le costruzioni più antiche, di pietra sono i ruderi di tali costruzioni. Cambiano forma, come detto, ma sono testimoni di tante persone, di tante vicende, di tante emozioni che si sono avvicendate nel tempo.

Ci sono i sassi del mare, quelli della costa est del mare nostro, sui quali si sono poggiati i nostri piedi tanti anni fa. Ci sono i sassi di quella spiagga, che sono stati disposti in modo da lasciare un messaggio che non è mai stato letto. Ci sono i sassi più grandi, da un’altra parte, quelli a cui devi stare attento altrimenti ti sloghi una caviglia (o un polso, dipende dalla traduzione), quelli che ti tagliano le dita dei piedi e non solo a te.

Ci sono le pietre dei muretti, dove ci si siede e ci si vergogna un po’, magari con un fiore in mano. Ci sono le pietre del lastricato di una cittadina di mare che ti portano verso altre pietre in forma di chiesa, all’interno della quale c’è un pianoforte (questo non di pietra, per fortuna) che per una volta nella sua esistenza ha potuto sentire del jazz.

Ci sono le pietre vicino a un ufficio postale che hanno sentito battere un cuore molto forte, e ci sono le pietre vicino a quelle che hanno sentito dei passi allontanarsi in fretta, credendo di soffrire meno. Ci sono le pietre di un castello che hanno sentito gli stessi battiti dello stesso cuore, e quelle di un parco vicino a un supermercato che hanno visto una promessa e una cosa tornare al suo posto, finalmente.

Ci sono poi le pietre che ti impegnano per una vita, alle quali dai il loro nome. Ed è il dono più grande, perché la pietra è l’essenza di tutto. Anche se lei non lo sa. Anche se poi se ne accorgerà, a suo tempo, in qualche modo, che ha il nome più bello di tutti.

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