Facciamo una premessa. Qua nessuno è fatalista. Siamo assolutamente convinti che il libero arbitrio esista, così come siamo convinti che non ci sia alcun essere superiore a guidare le nostre azioni. Però c’è lui. L’Universo.
Mi viene da sorridere quando mi si racconta che tutto questo non può essere casuale e deve essere stato creato da un essere supremo, un motore primo, un dio, chiamatelo come vi pare. Semplicemente ci sono delle leggi che noi non comprendiamo, ancora. E tutto accade in funzione di quelle leggi. Come con il greco: mica si può imparare a memoria verbi, paradigmi, lessico. Ci sono delle leggi, nella linguistica, e nessuno le ha create. Si sono definite con l’uso, con la ricorrenza. Nella fisica le leggi sono quelle, e tutto ciò che succede è una loro conseguenza.
Sta di fatto che l’Universo, o meglio, le sue leggi, governano anche noialtri. E a volte non capiamo come. Però è chiaro che le cose non accadono per caso, ma sono inserite in un disegno più ampio che, ripeto, ancora non possiamo capire. Se io mi trovo trentuno anni fa in un posto e là succede una cosa, evidentemente una qualche forza, come la gravità, mi ha portato là. Se poi succedono altre cose per cui io dopo trentun’anni sono ancora qui a parlarne, e non posso fare quello che vorrei fare, allora il disegno è più oscuro di quanto sembri.
Fughe da un giorno all’altro, pezzi di carta con su scritto qualcosa di utile, guerre, pandemie, ricerche, errori di persona… Siamo in una stanza buia e ci giramo intorno senza sapere perché, e poi d’un tratto un barlume, un lampo di luce ci mostra la via, per poi scomparire di nuovo, e di nuovo il buio, la stanza oscura, orientarsi a tentoni.
Tutto sta a capire le regole, e l’Universo verrà sconfitto. Tutto sta a saper usare quel pezzo di carta al momento giusto, ricordarsi di averlo e mostrarlo alla persona giusta. Tutto sta a capire come e quando fare le cose, nonostante quella maledetta forza di non gravità che tira, tira tira. O è un filo rosso e argento. Lo stesso. Tira. Ma è forte, quel filo, caro Universo. Non si spezza. Anzi, più lo si tira, più la sfida è aperta.
Solo le regole, nessun dio, nessun destino, nessun dono. Regole da capire e interpretare. E se non le capiamo, siamo uomini e abbiamo quella formidabile cosa che si chiama intuito. Poi alcuni di noi, ed io sono tra loro, hanno anche la testa per mettere a posto le cose. Non c’è speranza, Universo. Verrai sconfitto. Ancora. Come trentuno anni fa. E verrai sconfitto di nuovo, perché lo so che ti frapporrai ancora e ancora, finché non sarà necessario venire là e fare un casino. Pronti a tutto, Universo. Non sei buono, non sei cattivo. Hai solo le tue regole, e noi ne verremo a capo. Anche davvero.
E scacco matto.